Arianna, studentessa di Scienze linguistiche, ha speso il suo Charity Work Program nel “Giardino degli Angeli” di Canavieiras, in Brasile, in mezzo ai bambini della zona più povera della città. Un racconto fatto di colori, profumi, sorrisi, sguardi
di Arianna Bertani *
Colori, profumi, sorrisi, sguardi. Sono gli ingredienti per raccontare il mio Charity Work Program in Brasile. Dopo un viaggio quasi interminabile, a Ilheus ho conosciuto Alessandro: è il compagno di Regina, direttrice dell’asilo “Jardim dos Anjos”, che è situato nella zona più povera della città di Canavieiras e accoglie gratuitamente bambini dai 3 ai 5 anni.
L’arrivo al Jardim è stato come una festa: i bimbi erano schierati davanti al cancello, con trombette, occhiali a forma di cuore e palloncini, ed è subito stato un turbinio di abbracci, baci, e vocine che chiamavano: “Tia, tia!”. Uno degli aspetti che più mi preoccupava all’inizio era di non riuscire a comunicare con i bambini a causa del portoghese, lingua di cui conoscevo solo pochi termini. Ma ho potuto costatare con sorpresa che spesso le parole non erano necessarie, perché ci si capiva lo stesso. Si parlava attraverso abbracci, carezze, sguardi, momenti passati insieme a giocare o a leggere un libro. Paradossalmente i bambini a cui mi sono legata di più erano quelli con cui riuscivo a parlare meno.
La giornata era scandita da orari ben precisi. La mattina la passavo all’asilo: dopo l’attività in classe c’era la merenda, poi il momento di gioco, poi la doccia e infine il pranzo. Dopo pranzo mi spostavo al dopo-scuola, dove studiano bambini e ragazzi dai 6 ai 13 anni, per aiutarli a fare i compiti (anche se alla fine aiutavano più loro me a imparare il portoghese). La settimana prevedeva anche attività all’aperto, lezioni di musica, di Capoeira e di Judo.
Il Jardim è come un’oasi felice posta in mezzo a una realtà di gran lunga più difficile, che abbiamo potuto conoscere da vicino grazie alle visite settimanali alle famiglie in cui accompagnavamo Regina e Renata, la vice-direttrice. L’impegno a visitare periodicamente le famiglie è incredibile: si accertano che le cose vadano bene, cercano di risolvere i problemi, fanno in modo che tutti i bambini vadano a scuola.
Delle visite che abbiamo fatto, una in particolare mi è rimasta particolarmente impressa, quella alla casa di una signora di nome Damiana, bisnonna e nonna di sei nipoti, che vivono con lei e di cui lei sola si occupa. La sua casa è pericolante e lei aspetta che le promesse di ristrutturazione fatte dal governo diventino realtà; queste promesse però non sono ancora state mantenute. Damiana ha passato degli anni difficili, ma nonostante ciò, ha tenuto duro per i suoi nipoti, che sono la sua unica ragione di vita. Il suo sogno è vedere la sua casa con i muri solidi, per poterci attaccare un quadro e le foto dei suoi nipoti. Vedendo i luoghi da cui provengono, si capisce come il Jardim sia un’occasione unica per i bambini per cercare di avere un futuro migliore.
Quella del Charity Program è stata un’esperienza di volontariato incredibile: posso dire con certezza che sia stata anche la migliore che ho vissuto finora. Al Jardim mi sono immediatamente trovata bene e sono stata davvero sorpresa dall’affetto che ho ricevuto fin da subito, dai bambini, dalle maestre, dalla cuoca Sara. Il giardino è una grande famiglia, e, grazie al “battesimo” con i petali che i bambini ci hanno fatto il giorno prima di ritornare a casa, sono felice di poter dire di farne parte anche io.
* 22 anni, di Magenta (Mi), secondo anno della laurea magistrale in Scienze linguistiche e letterature straniere (profilo Management internazionale), facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, campus di Milano